OGIM PROGETTI NEWS MAPPA GALLERY MODULISTICA LABORATORIO SCIENTIFICO RASSEGNA STAMPA LINKS

 

cerca

 

 13-07-2005 [Italia]
Forum nazionale “Mare aperto”(2): dati e richieste delle associazioni italiane, l’atto finale sottoscritto dalle regioni.

Speciale OGIM.
Cronaca dei lavori del forum nazionale sui cpt.

Le associazioni italiane hanno portato al forum nazionale “Mare aperto: idee per aprire le frontiere e chiudere i cpt”, organizzato dal presidente della Regione Puglia Vendola a Bari per l’11 luglio, le loro esperienze e le loro differenti analisi del fenomeno migratorio. Andrea Accardi di Medici Senza Frontiere ha illustrato i risultati delle visite dell’organizzazione ai cpt: alcuni centri si sarebbero rivelati «indecorosi» come quello di Trapani, mentre altri, ad esempio quello di Modena, offrirebbero condizioni di vita più decenti. L’assistenza medica talvolta non sarebbe sufficiente: proprio a Trapani, come a Lamezia Terme, MSF avrebbe trovato degli immigrati che prendevano psicofarmaci, ma «non erano sottoposti ad alcuna terapia di disassuefazione». L’organizzazione ha firmato un appello sottoscritto anche da Magistratura democratica, dalla CGIL, dall’Arci e dall’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione. Il documento, che segnala tra l’altro il pericolo che anche il trattenimento nei centri di identificazione diventi una forma di detenzione che limiti pesantemente la libertà personale degli asilanti, è stato pubblicato sul sito dell’Asgi , che a Bari era rappresentata da Lorenzo Trucco. Per l’Arci invece era presente al forum nazionale il responsabile del settore immigrazione Filippo Miraglia. Nel comunicato riportato anche nel sito dell’Arci e firmato, oltre che da Miraglia, dal presidente nazionale Paolo Beni, si sostiene la poca utilità dei cpt, che sembrano all’associazione strumenti creati più che altro per esorcizzare le crescenti paure degli italiani nei confronti degli stranieri, visti come presunte minacce alla sicurezza del paese. Secondo l’Arci, le impronte digitali degli immigrati fermati, già attualmente inserite nelle banche dati della polizia, potrebbero essere utili per ritrovare gli stranieri che, allorché identificati, si trovassero ancora nel territorio italiano e dovessero essere rintracciati ed espulsi. Nei cpt invece l’identità dei cittadini extracomunitari che non vengono identificati subito – sostiene l’Arci – difficilmente viene scoperta nei 30 o 60 giorni di permanenza. Maria Silvia Olivieri del Consorzio Italiano di Solidarietà ha letto invece una relazione in cui si espongono i costi dei cpt, definiti «mostri giuridici»: ogni immigrato trattenuto in questi centri costerebbe allo stato quotidianamente 77 euro, mentre nei centri di accoglienza gestiti da enti locali e associazioni di volontariato comporterebbe una spesa di 18 euro al giorno. Secondo l’ICS i centri di permanenza temporanea non riuscirebbero nemmeno a garantire e agevolare un maggior numero di espulsioni: nel 2002 sarebbe stato espulso solo il 34% dei 18.625 immigrati che sono stati nei cpt, mentre nel 2003 e nel 2004 la percentuale è stata del 48%. Il consorzio chiede pertanto che siano resi noti gli accordi economici stipulati dalle prefetture e dagli enti che si occupano dei cpt e di sapere che tipo di controlli sono previsti sulla gestione delle risorse pubbliche. L’ICS domanda inoltre al governo italiano di conoscere i dettagli del patto stretto con il governo libico per le espulsioni. Il primo movimento ad intervenire nel dibattito è stato però quello della Rete No Cpt, che si è presentata allo Spazio 7 della Fiera del Levante con uno striscione che riportava la frase “nessuna persona è illegale”. Don Angelo Cassano, parroco della chiesa barese di San Sabino, ha ricordato la figura emblematica di Don Tonino Bello, che fu il primo vescovo ad entrare a Bari nel «primo cpt all’aperto», lo Stadio della Vittoria, dove nel ’91 erano stati trattenuti migliaia di albanesi, e si è chiesto come sia possibile che il nome di colui che ha «raccolto la fiaccola della disobbedienza da don Milani» sia stato dato al centro di identificazione di Otranto. Don Angelo ha letto il documento preparato domenica presso i padri comboniani nell’assemblea del composito “Movimento per la libertà di circolazione e per la chiusura dei centri di detenzione per i migranti”, in cui si rifiuta la «guerra permanente» che sarebbe stata ingaggiata dal governo contro tutti i migranti e l’atteggiamento emergenziale che farebbe degli immigrati l’oggetto di una «criminalizzazione preventiva». Il movimento ha poi esposto le proprie richieste e i propri progetti; ha chiesto la chiusura dei cpt aperti in Europa e al di fuori di essa, la non apertura dei centri in costruzione, la sospensione dei provvedimenti a carico di immigrati e attivisti che dall’interno e dall’esterno dei cpt hanno organizzato atti di protesta contro la detenzione amministrativa e la depenalizzazione dei reati sociali legati a questo tipo di forme di lotta. Ora sono in programma a luglio un campeggio antirazzista a Licata, organizzato dalla Rete antirazzista siciliana e varie manifestazioni che si opporranno all’apertura dei cpt di Bari e di Gradisca ad ottobre, mentre a novembre un corteo del movimento proporrà l’abrogazione della Bossi-Fini. Luca Casarini ha aggiunto intanto che spera che i presidenti delle regioni che hanno aderito al forum mettano in atto una disobbedienza amministrativa nei confronti della legge sui cpt. Se i ragazzi della Rete No Cpt sono entrati nel padiglione scandendo i loro slogan, gli anarchici hanno invece distribuito dei volantini che ricordavano che il 19 novembre 1997 Nichi Vendola come parlamentare di Rifondazione comunista aveva votato a favore del ddl 3240 che poi si trasformò nella legge Turco-Napolitano.
Al Forum non ci sono state però solo voci italiane. Il sudanese Ibrahim Elsheikh dell’associazione Etnie di Bisceglie (BA) ha denunciato che nei cpt «sono sospesi i diritti umani», giacché non sarebbero rispettate le procedure previste per la concessione dell’asilo e mancherebbe spesso un numero sufficiente di interpreti per interloquire ed interagire con gli immigrati. In questo modo i tempi di permanenza dei migranti nei centri si allungherebbero notevolmente. L’incontro “Mare aperto” è stato chiuso poi dalla testimonianza di un professore d’inglese pakistano, proveniente dalla travagliata regione del Kashmire, che l’esperienza dei cpt l’ha vissuta sulla propria pelle. Il trentacinquenne Sardar Sajjaf, prima di vedersi riconosciuto lo status di rifugiato politico, ha passato sei mesi nei campi del deserto libico, per poi raggiungere Lampedusa due anni fa ed essere trattenuto nei centri di Bari e di San Foca, a Lecce. Sardar racconta alla platea del forum che non dimenticherà mai il numero assegnatogli a Bari, né la sua “cella”; i suoi compagni di ventura speravano e pregavano di morire lì, pur di non ritornare nel loro paese d’origine. Il professore riferisce che a Lecce alcuni immigrati compivano infatti anche atti di autolesionismo.
Come conclusione dell’incontro, i presidenti e gli assessori delle 14 regioni italiane che sono state protagoniste dei lavori del forum (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Toscana e Umbria) hanno infine sottoscritto un atto in cui, «senza spirito di contrapposizione politica» e con un compromesso tra le posizioni di chi domandava in modo più drastico la chiusura dei cpt e chi considerava perfettibile l’attuale sistema, non si parla di chiusura dei centri, ma piuttosto di un loro più generico superamento e dell’istituzione di un tavolo di confronto interistituzionale in Italia e in Europa, per trovare soluzioni alternative che non mettano in mora i diritti fondamentali dei migranti. Nel documento le regioni si dicono contrarie ai respingimenti collettivi degli immigrati, soprattutto verso paesi che non offrono garanzie nell’ambito della tutela dei diritti umani; si propongono inoltre proficui programmi di cooperazione allo sviluppo per i paesi che alimentano i flussi migratori e si sottolinea il bisogno di una cultura dei pari diritti e dei pari doveri e l’importanza di favorire i ricongiungimenti famigliari. Il testo completo dell’atto sottoscritto dai 15 rappresentanti regionali si può scaricare nel sito della Regione Puglia.

Jole Silvia Imbornone
Web content manager

Statistiche sito,contatore visite, counter web invisibile
Vedi anche: Forum nazionale “Mare aperto”(1): governatori e assessori regionali discutono delle politiche migratorie italiane

torna indietro
 

Una Realizzazione EXESTUDIOS® srl Tutti i diritti riservati.
E' vietata la riproduzione anche parziale.