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 12-07-2005 [Italia]
Forum nazionale “Mare aperto”(1): governatori e assessori regionali discutono delle politiche migratorie italiane

Speciale OGIM.
Cronaca dei lavori del forum nazionale sui cpt.

Al forum nazionale “Mare aperto: idee per aprire le frontiere e chiudere i cpt”, tenutosi ieri a Bari, i vari interventi dei governatori e degli assessori italiani sono risultati essenzialmente concordi. L’obiettivo comune delle 14 regioni che hanno aderito all’appello del presidente della Puglia Nichi Vendola e delle associazioni che sono intervenute ed hanno partecipato al dibattito per esporre il proprio punto di vista è risultato quello di aprire un dialogo con il governo e il Parlamento, per ridefinire le politiche migratorie, superando gli attuali centri di permanenza attraverso un’organizzazione differente e la promozione di una più efficace tutela dei diritti umani.
Dopo il saluto dell’assessore alla Solidarietà, alle Politiche sociale e ai Flussi migratori per la Regione Puglia Elena Gentile, che ha presieduto e moderato il dibattito, l’incontro, nello Spazio 7 della Fiera del Levante, è stato aperto dal discorso di Michele Emiliano, già magistrato antimafia, ora sindaco di Bari. Emiliano ha dichiarato che i cpt non solo rappresentano un fallimento da un punto di vista costituzionale, in quanto non sarebbero compatibili con la costituzione repubblicana, ma anche al livello pratico e tecnico non sono attualmente la struttura idonea a fronteggiare un fenomeno dalle dimensioni epocali come l’immigrazione. Il sindaco ha ricordato che l’amministrazione comunale alcuni mesi fa ha approvato non a caso una delibera di Giunta e poi di Consiglio Comunale nella quale è stata espressa assoluta contrarietà all’apertura del cpt in costruzione a Bari nel quartiere San Paolo. I cpt infatti secondo Emiliano non sarebbero «giustificati da alcuna necessità di tutela dell’ordine pubblico»; pertanto il comune è intenzionato a stabilire un contatto permanente con il comune di Gradisca d’Isonzo, che si trova in una condizione molto simile, per studiare una strategia comune atta a scongiurare attraverso le vie legali l’apertura dei nuovi centri di permanenza. Secondo Emiliano il forum può rappresentare un punto di svolta per la ridefinizione degli orientamenti nazionali sull’immigrazione, ma solo a costo di essere seguito da dimostrazioni concrete dell’attuabilità di politiche migratorie differenti. E’ inoltre importante, secondo il sindaco barese, che il movimento d’opinione prodotto dal forum si traduca in un’azione che faccia la differenza sul piano della produzione legislativa per immaginare un modello d’accoglienza alternativo. Proprio per migliorare e superare il modello attuale, la città di Bari ha intanto siglato un protocollo d’intesa con l’ordine degli avvocati della città, al fine di garantire assistenza e consulenza legale ai richiedenti asilo della roulottopoli di Palese. «Uno stato di diritto non abbandona nessuno ad un rapporto esclusivo con l’esecutivo» – ha spiegato Emiliano. Alla costruzione di un nuovo modello di accoglienza dovrebbe essere orientata anche l’istituzione di una struttura della Protezione Civile a cui il comune sta lavorando in collaborazione con il dipartimento di Guido Bertolaso.
Dopo il sindaco, a salutare e ringraziare i differenti “attori di una complessa partita per la centralità dei diritti umani” giunti a Bari per il forum è stato il presidente della Regione Nichi Vendola, il quale ha subito spiegato le motivazioni che l’hanno indotto a non rimandare l’incontro, nonostante seguisse di pochi giorni quella che i media hanno ormai ribattezzato “la strage di Londra”. «Il sangue di Londra è figlio esattamente di questa meschinità culturale» - ha affermato Vendola. Il senso di angoscia che si prova dinnanzi all’ «ipoteca di terrore e di violabilità permanente» che grava sul diritto alla vita dovrebbe spingere tutti, secondo il governatore pugliese, ad interrogarsi sulle ragioni della caduta progressiva della soglia di sicurezza del mondo intero, che andrebbero individuate nelle «strutture di violenza, in quelle che si giustificano sotto l’usbergo della guerra degli stati e in quelle che invece ricorrono all’artigianato grezzo del terrore». Vendola aggiunge poi che, anziché pensare che sia possibile assuefarsi alla visione di bombardamenti e kamikaze, sarebbe opportuno rispolverare le parole che rappresentano «l’antidoto al partito dell’odio e della morte», ovvero le parole che parlano non solo di accoglienza, ma di reciprocità, del bisogno di costruire un patto di convivialità, della mescolanza e del meticciato del mondo, contrapponendo al concetto di guerra di civiltà l’obiettivo dell’incontro delle civiltà. In quest’ottica, i cpt appaiono al governatore della Puglia un capitolo della storia italiana non da umanizzare, ma da chiudere, per una serie di ragioni di principio e di realtà. Tra le prime, c’è il garantismo, che si basa sull’idea che «la libertà personale non possa essere violata, se non per aver commesso un reato che venga imputato da un giudice con un atto formale». I cpt costituirebbero invece un «limbo giuridico», in cui la detenzione amministrativa a fronte di una violazione di tipo amministrativo comporta la privazione della libertà personale, senza la concessione del pacchetto di diritti che pure tocca o dovrebbe toccare ai detenuti nelle carceri. L’ «esercito in esercizio permanente effettivo» di garantisti italiani dovrebbe risolvere questa contraddizione che secondo Vendola mette in discussione uno dei fondamenti della civiltà giuridica del nostro stato; l’alternativa sarebbe infatti ammettere che «le garanzie dei cittadini non appartengono alla rubrica dei diritti astratti universali» ma solo ad una élite di individui dalla pelle bianca e possibilmente benestanti. Per il presidente pugliese inoltre la realtà mostrerebbe che gli stranieri sono ormai non solo un tassello fondamentale dell’economia, come produttori di ricchezza, ma anche l’architrave della nostra vita famigliare, giacché a loro si affidano sempre più spesso la cura della casa e delle persone, dai bambini agli anziani e ai diversamente abili. Tuttora, però, - ricorda Vendola - esiste un’iconografia maledetta degli immigrati, in base alle quale si riconducono i crimini non alla responsabilità individuale, ma ad una tipicità etnica e si rendono pertanto gli immigrati oggetto delle stesse discriminazioni che gli italiani hanno subito spesso da emigranti nel passato. D’altra parte, secondo il governatore di Rifondazione comunista, è difficile immaginare un percorso di legalità partendo da una condizione di illegalità qual è ora la clandestinità, che andrebbe considerata comunque un «prodotto sociale, in quanto figlia di un modello economico che affama una porzione dell’umanità e di interessi che hanno nomi e cognomi». Tale condizione non andrebbe criminalizzata ma andrebbe combattuta senza combattere le persone, che spesso scappano dalle persecuzioni politiche, da una vita di violenze e stenti. In una riflessione «sottovoce» Vendola soggiunge inoltre che anche qualora i migranti fuggissero spinti soltanto dalle proprie personali inquietudini, ne avrebbero comunque diritto. Pertanto, il presidente sottolinea l’obiettivo del forum, che è quello di riaprire in Italia e in Europa un dibattito fecondo e lungimirante tra le istituzioni e la società civile sul tema dell’immigrazione, per restituire l’anima ad «un continente che diventa vecchio nel momento in cui progetta delle regole di sé senza tenere conto non soltanto delle proprie storie complesse, ma anche del Mediterraneo», ad un’Europa in cui si sarebbero ancorati in modo «frigido» i processi di integrazione alla politica di mercato e alla politica della sicurezza. Vendola si augura con una ridefinizione delle politiche migratorie di non assistere più «alla scena grottesca di quote di ingresso per i migranti, legate alla domanda del mercato del lavoro, che ogni anno necessitano la scrittura di decreti di urgenza» per essere incrementate e consentire l’utilizzo di ulteriori lavoratori nelle campagne e negli ospedali. Inoltre chiede percorsi più chiari e definiti per i rifugiati e i richiedenti asilo nell’accesso all’esercizio dei propri diritti, affinché l’Italia non sia più bacchettata per una «certa lievità nel trattamento dei diritti umani» e spera che dopo che si è provveduto alla creazione di un mercato e di uno stato penale sopranazionale, ora si possano gettare le fondamenta invece per l’edificazione di uno stato sociale sopranazionale. Solo riaffermando l’inviolabilità del diritto alla vita sarà possibile secondo il governatore sottrarre al mondo del «fanatismo, del militarismo e dell’orrore organizzato e sistematico» l’acqua ideologica e il background culturale di cui si nutre ogni giorno. Il Mediterraneo, che sarebbe attualmente uno dei più grandi cimiteri all’aperto, può diventare – ha concluso Nichi Vendola – un mare in cui si possa individuare, anziché la scia dei lutti, il simbolo della pace e dei diritti. Nell’ambito di quello che chiama un «nuovo realismo», il presidente ricorda tra l’altro la storia di quel mare e delle terre meridionali, che in epoche lontane hanno accolto non solo le genti provenienti da altri paesi ma hanno anche assunto nel loro immaginario collettivo religioso i volti scuri delle madonne curde e di santi come il patrono di Bari, San Nicola, vescovo di Myra. Questo santo, «se avesse avuto la sventura di venire dalla Turchia qui oggi – dice il presidente pugliese con una battuta – sarebbe finito in un cpt».
Aperto ufficialmente il dibattito, si sono susseguiti gli interventi dei rappresentanti delle regioni e delle associazioni italiane. Le 14 regioni hanno tutte confermato il proprio appoggio all’iniziativa di Nichi Vendola. Tre i governatori presenti in prima persona al forum barese, Vito De Filippo (Basilicata), Agazio Loiero (Calabria) e Ottaviano Del Turco (Abruzzo), diversa l’impostazione dei loro interventi. Il presidente lucano ha portato la testimonianza di una regione che non ha conosciuto direttamente l’esperienza dei cpt, ma che ben conosce il fenomeno dell’immigrazione; d’altra parte – ha detto De Filippo - «se volessimo fare storicamente e geneticamente l’analisi delle comunità della popolazione del Mezzogiorno, ci renderemmo conto che siamo il prodotto di cicliche stagioni di immigrazione». Il governatore della Basilicata non «censura» la legge Turco-Napolitano, nata in un periodo in cui, come ha ricordato anche l’assessore pugliese Elena Gentile, si cercava di fare fronte ad un’emergenza, senza che nessuno potesse ancora prevedere la dimensione mastodontica di un fenomeno così complesso come quello migratorio. Tuttavia, ora – avverte De Filippo – è necessario che il governo nazionale operi una revisione totale della politica dell’immigrazione, cogliendo lo spunto offerto dal forum organizzato da Vendola, adesso che il problema è sotto gli occhi anche di chi non ha dato la sua adesione alla riunione. Loiero ha invece sottolineato la scarsa funzionalità dei cpt: il presidente calabrese ricorda a tal proposito un’inchiesta de “La Repubblica”, secondo cui nell’ultimo anno dal centro di Crotone sarebbero fuggiti 4300 clandestini, usando un «tariffario» ben preciso, che prevedeva il pagamento di 100 euro per riuscire ad oltrepassare le reti del cpt e 200 euro per ottenere anche un posto fuori dal campo. Una volta usciti dai centri di permanenza, gli immigrati diventerebbero così clandestini a tutti gli effetti. «Fatti così gravi che rappresentano non la patologia, ma la fisiologia dei cpt» lancerebbero un messaggio devastante di violazione della legge e dovrebbero spingere pertanto a modificare il sistema, affidando per esempio i centri a poliziotti dei paesi di provenienza dei flussi migratori, seguendo l’esempio spagnolo. Il governatore calabrese ammonisce inoltre che non dovrebbero essere le Corti Costituzionali a ricordare il nucleo di quei diritti inviolabili su cui si basano le costituzioni, come è già avvenuto invece sia in Italia per la Bossi-Fini che negli Stati Uniti per Guantanamo e in Israele per il celeberrimo muro divisorio. L’articolo 10 della Costituzione italiana sancirebbe infatti il diritto dell’ospitalità in modo diverso da come è concepita l’accoglienza nei cpt e fu approvato – rammenta Loiero – con inusuale partecipazione emotiva dall’Assemblea Costituente, tenendo presenti le vicende degli emigrati italiani e le parole del Vangelo di San Matteo, citate da La Pira: «Ero forestiero e mi avete accolto». Ottaviano Del Turco, che è stato fervente sindacalista e Ministro delle Finanze nel governo Amato, ha invece fatto cenno a come fronteggiare la minaccia terroristica: già 30 anni fa, l’Italia vinse la sua battaglia contro il terrorismo di matrice brigatista senza ricorrere a leggi eccezionali e senza alterare il livello di vigilanza democratica delle istituzioni italiane. Poi ha lanciato un chiaro messaggio al ministro dell’Interno: «Pisanu ha detto che per lui sono essenziali i cpt. Io penso che l’unica cosa essenziale per il ministro sia rendersi conto che emerge un fatto politico nuovo quest’oggi, ovvero che i rappresentati di 40 milioni di italiani chiedono di tornare a discutere di politiche dell’immigrazione ».
Le altre regioni sono state rappresentate invece dai loro assessori; il portavoce del Molise è stato l’assessore alle Politiche sociali e dell’emigrazione Michele Picciano, mentre per la Liguria è giunto a Bari l’assessore alle Politiche dell’immigrazione Enrico Vesco, per il Lazio Luigi Nieri (Bilancio), per la Sardegna Maddalena Salerno (Immigrazione) e per le Marche Marco Amagliani (Servizi sociali), che si augura che possa essere presentato alla conferenza Stato-Regioni un progetto di legge che modifichi le attuali normative in materia di immigrazione. L’assessore toscano alle Politiche sociali Gianni Salvadori ha evidenziato l’urgenza di una legge organica per il diritto d’asilo, di un dibattito sulle modalità di acquisizione della cittadinanza e sulla concessione del diritto di voto agli immigrati, tutte esigenze condivise anche dall’assessore dell’Umbria, Damiano Stufara (anche lui con delega alle Politiche sociali). La regione umbra ha espresso totale contrarietà alla costruzione di un cpt nel proprio territorio, com’è stato testimoniato anche dalla delegazione del comune di Bettona, borgo di origini etrusche in cui il centro dovrebbe essere realizzato. L’assessore della Regione Toscana Salvadori ha invocato nel suo intervento anche il superamento del sistema delle quote di ingresso, che secondo Roberto Antonaz, assessore per le identità linguistiche e culturali del Friuli Venezia Giulia, potrebbero essere efficacemente sostituite dall’istituzione di un permesso di soggiorno per la ricerca del lavoro, che metterebbe gli immigrati a contatto diretto con il meccanismo di domanda e offerta. Antonaz ha poi sottolineato che un periodo anche breve di mancanza di lavoro, magari dovuto alla morte della persona assistita nel caso delle badanti, provoca la revoca del permesso di soggiorno e rende gli immigrati clandestini. Un’altra pecca dell’attuale normativa è stata rilevata dal vice presidente dell’Emilia Romagna, Flavio Delbono, che ha mosso un appunto ad uno dei requisiti per ottenere il permesso di soggiorno, abitare in una casa in cui si abbiano ben 40 metri quadri a testa. Dichiarando di voler superare la ricostruzione cronologica delle decisioni dei governi italiani, Delbono ha poi sostenuto l’importanza di adottare e difendere misure che tutelino concretamente il principio della dignità degli esseri umani anche al livello amministrativo, regionale ed europeo. Avendo visitato il museo per l’immigrazione di Ellis Island, piccola isola newyorkese vicina alla Statua della Libertà, dove un tempo approdavano le navi degli immigrati, dotate della famosa terza classe resa celebre da una canzone di De Gregori, il vicepresidente emiliano si chiede che progressi si siano fatti da quei tempi nel continente che ha inventato il concetto di welfare e conclude il suo intervento con un’altra stoccata all’Europa, che «nel suo bilancio dedica più risorse alle sue mucche che ai poveri del mondo». Proposte e idee sono state portate al forum dalla Regione Campania; il suo governatore Antonio Bassolino, non potendo essere presente di persona, ha pubblicato domenica nel suo blog un post intitolato “superare i cpt” . Secondo Bassolino, nei cpt servono non solo modifiche e potenziamenti delle strutture, ma anche l’assunzione di un personale qualificato da un punto di vista giuridico, sanitario, culturale e sociale, mentre andrebbero rafforzati i collegamenti dei centri con gli enti locali, gli ospedali e le organizzazioni non governative. Sarebbe opportuno inoltre ridurre nei cpt la presenza di stranieri che dopo aver scontato pene detentive aspettano il rimpatrio e migliorare i controlli dei servizi offerti agli immigrati, che dovrebbe essere effettuati da un organismo indipendente. A Bari la regione è stata rappresentata dall’assessore ai problemi dell’immigrazione Rosa D’Amelio, che ha raccontato i vari provvedimenti adottati dalla Campania a favore degli immigrati, dai fitti agevolati all’inserimento di mediatori culturali negli ospedali e nei posti di lavoro, dai corsi professionali per le badanti ad un’assistenza particolare alle donne in stato interessante.

Jole Silvia Imbornone
Web content manager


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Forum nazionale “Mare aperto”(2): dati e richieste delle associazioni italiane, l’atto finale sottoscritto dalle regioni.
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